Malattie correlate alla dieta
Introduzione
Tumori (cavità orale e faringea, esofago, polmone, “sul fumo di
sigaretta…”, seno, stomaco, fegato, prostata, colon e retto)
Malattie cardio e cerebrovascolari -
sull’ipertensione arteriosa…
Cirrosi epatica alcolica – “sull’alcool etilico o
etanolo…(tabella n. 1)”
Obesità
Osteoporosi
Diabete mellito non insulino dipendente
Gozzo e altre malattie da carenza di iodio
Anemia sideropenica
PREVENZIONE DELLE MALATTIE CORRELATE ALLA DIETA
Introduzione
Tumori
Patologie cardiovascolari
Sull’ipertensione arteriosa
Cirrosi epatica alcolica
Obesità
Osteoporosi
Diabete mellito non insulino dipendente
Gozzo ed altre malattie da carenza di iodio
Anemia sideropenica
Attività fisica
Conclusioni
Con questo
opuscolo vogliamo portare alla vostra attenzione dei dati che evidenziano la
relazione, spesso problematica, tra alimentazione e salute. (AUTO)
Così problematica
che in Europa, nel 1990, circa la meta' delle morti in età inferiore ai 65
anni, fu causata da patologie influenzate direttamente dalla dieta (10-13). Ci
riferiamo più precisamente a determinati tipi di tumore, alle malattie cardio e
cerebrovascolari, al diabete mellito, alla cirrosi epatica alcolica,
all’obesità, all’osteoporosi, al gozzo, all’anemia(7-82); patologie sulle quali
agisce in maniera rilevante il tipo di alimentazione adottata, sia essa
eccessiva, carente o squilibrata. (AUTO)
Nell’ultimo
secolo sono cambiati dei modi di vita
cui eravamo abituati da millenni e questo in un intervallo di tempo
troppo breve, un secolo appunto, perché i nostri organismi potessero
adattarvisi. Queste modificazioni riguardano:
-
la
diminuzione del dispendio energetico quotidiano, grazie anche alla continua
meccanizzazione di tutte le attività umane;
-
l’aumento
della disponibilità alimentare ed in particolare dell’apporto di grassi e
zuccheri semplici, contenuti soprattutto in alimenti raffinati e di origine
industriale;
-
la
diminuzione dell’assunzione di fibre e di carboidrati complessi.
Tutto questo contribuisce inoltre, alla crescita del
divario esistente tra i Paesi in via di
sviluppo, caratterizzati da deficit alimentari, ed i Paesi industrializzati,
interessati da patologie dovute ad alimentazioni eccessive e squilibrate. (2-34
+ AUTO)
Alla luce di tutto ciò, vi proponiamo degli elementi di base per
creare la vostra dieta giornaliera, secondo i vostri fabbisogni, investendo
sulla vostra salute.
Vi sarà utile, pertanto, avere informazioni circa le connessioni dell'alimentazione alle
varie malattie correlate alla dieta, la possibile prevenzione alimentare di
queste malattie, il vostro fabbisogno nutrizionale, la composizione degli
alimenti e le conseguenze dei processi di trasformazione e conservazione che li
riguardano; riteniamo, infatti, sia fondamentale, ai fini di un'alimentazione
consapevole, sapere per esempio cosa
provocano al nostro organismo i residui di pesticidi contenuti negli alimenti o
quali perdite possono verificarsi nei principi nutritivi dei cibi con la
manipolazione domestica o quanto incide, a livello economico mondiale, l’uso
eccessivo di proteine animali. (AUTO)
* * * * * * * * * *
TUMORI
E' FIN DAL 1953 CHE SI PARLA DELLA CORRELAZIONE TRA
ALIMENTAZIONE E CANCRO CON LA PUBBLICAZIONE DA PARTE DI TANNENBAUM E
SILVERSTONE NEL PRIMO VOLUME DI "ADVANCES IN CANCER RESEARCH", DI UN
ARTICOLO DAL TITOLO "NUTRIZIONE IN RELAZIONE AL CANCRO" E, PER QUANTO
LE NOSTRE CONOSCENZE ABBIANO CONTINUAMENTE SETE DI CONFERME, IN QUESTO ARTICOLO VENGONO INDICATI CHIARAMENTE I
RISCHI ONCOGENI CONNESSI ALL'ALIMENTAZIONE (2-111).
LA GRAVITA' DELL'ARGOMENTO E' NOTA A TUTTI:
- I TUMORI CONSIDERATI EVITABILI PER I QUALI L'ALIMENTAZIONE
COSTITUISCE UN FATTORE DI RISCHIO IMPORTANTE, HANNO CAUSATO 50-55.000 DECESSI
NEL 1990, IL 20% DEI QUALI ATTRIBUIBILI ALL'ABUSO DI ALCOOL (9-1);
- IL TUMORE E' LA PRIMA CAUSA DI MORTE PER SINGOLA MALATTIA
(2-113) E DI DECESSO PREMATURO (PRIMA DEI 65 ANNI) (7-82);
- I TUMORI SONO LA SECONDA CAUSA DI MORTE NELL'INFANZIA (2-113);
- E’ POSSIBILE STIMARE IN CIRCA 270.000 I NUOVI CASI DI TUMORE
DIAGNOSTICATI OGNI ANNO IN ITALIA ED IN CIRCA 1.000.000 I PAZIENTI MALATI DI
TUMORE (56-24);
UNO STUDIO EPIDEMIOLOGICO HA RIVELATO CHE NELLE POPOLAZIONI DEI PAESI INDUSTRIALIZZATI
IL 30-40% DEI TUMORI CHE COLPISCONO GLI UOMINI E FINO AL 60% DI QUELLI
FEMMINILI, SONO ATTRIBUIBILI ALL'ALIMENTAZIONE: FRA QUESTI TROVIAMO IL
CANCRO DELLA CAVITÀ' ORALE, DELLA
LARINGE, DELLA FARINGE, DEL POLMONE, DELLA MAMMELLA, DELL'ESOFAGO, DELLO
STOMACO, DELL'ENDOMETRIO, DELLA
PROSTATA, DEL COLON E DEL RETTO (11-40).
L’alcool, il fumo ed il loro connubio tendono ad aumentare il tasso di incidenza di questo tumore, come
si è potuto desumere da studi epidemiologici nei Paesi industrializzati.
Studi caso-controllo hanno anche dimostrato un aumentato rischio
associato all’ingestione poco frequente di frutta e verdura. (11-40)
Su questa neoplasia pesa molto negativamente la sinergia che si
crea tra fumo ed alcool.
In Francia, per esempio, è stato calcolato che la frequenza di
cancro all’esofago tra:
I FUMATORI CON: E’ DI
20 VOLTE INFERIORE A E 40
VOLTE INFERIORE A
meno di 10 sigarette/die e quella dei non fumatori con quella dei grandi fumatori
meno di 40g di etanolo/die 80g
di etanolo/die con 20
sigarette/die e
(1/2 litro di vino) (1 litro di vino) 80 g di etanolo/die
Il cancro all’esofago sembra inoltre essere associato ad un
basso apporto di ortaggi a foglia verde, frutta fresca, vitamina A e C,
magnesio, calcio, zinco nonché ad un
elevato consumo di sottaceti e di cibi e bevande molto caldi. (11-41)
CANCRO AL POLMONE - 30.400 circa i decessi nel 1994
In molti Paesi industrializzati è la prima causa di morte per
cancro tra gli uomini e tra i più frequenti fra quelli che colpiscono le donne.
Indubbio come primo fattore causale di questa neoplasia il fumo
di tabacco. Anche il colesterolo ed i grassi sono positivamente correlati al
cancro al polmone.
Studi condotti su popolazioni diverse, hanno invece mostrato un
effetto inibitorio su questa neoplasia da parte delle verdure, in particolare
quelle contenenti betacarotene. (11-42)
Non si sono avuti gli stessi risultati sperimentando
l'assunzione in laboratorio di integratori a base di betacarotene, questo
probabilmente perché nelle verdure esso è presente in un cocktail sinergico ed
anche perché, se una sostanza si rivela benefica a determinate dosi, presa in
dosi eccessive può essere tossica. (INTERVISTA RADIOFONICA AD UN ONCOLOGO)
Nella bozza del Piano
Sanitario Nazionale è scritto:
“CONSOLIDATE EVIDENZE SCIENTIFICHE DIMOSTRANO LA RELAZIONE
ESISTENTE TRA ABITUDINE AL FUMO DI TABACCO, ESPOSIZIONE AL FUMO PASSIVO E STATO
DI SALUTE. E’ ATTRIBUIBILE AL FUMO IL 90% DELLE MORTI PER TUMORE POLMONARE, I
DUE TERZI DELLE MORTI PER BRONCOPNEUMOPATIA CRONICA E UN QUARTO DELLE MORTI PER
MALATTIE CARDIOVASCOLARI. ANCHE L’ESPOSIZIONE PASSIVA AL FUMO DI SIGARETTA
COSTITUISCE UN IMPORTANTE FATTORE DI RISCHIO; E’ STATO OSSERVATO UN AUMENTO
DELLA FREQUENZA DI TUMORI POLMONARI, DELL’INFARTO DEL MIOCARDIO E DELLE
MALATTIE DELLE VIE RESPIRATORIE NEI SOGGETTI ESPOSTI A FUMO PASSIVO“(56-15)
Ma è d'obbligo costatare che a fronte di uno Stato che continua
a percepire tasse su questo prodotto, ammontanti nel solo 1997 a 11.000
miliardi di lire! (101-139), nel 1996 sono stati circa 15.000.000 gli italiani
che hanno continuano a fumare, nonostante su ciascun pacchetto di sigarette sia
riportata una dicitura attestante la nocività del prodotto, sia per chi fuma
sia per chi inala passivamente e suo malgrado; sempre nel ’96 gli ex-fumatori
erano circa 11 milioni. (ISTAT)
Ogni anno si fumano 90.000 tonnellate di sigarette, 500
tonnellate di sigari, 500 tonnellate di tranciati(73-119)! ammontanti a 18 mila miliardi di lire circa,
completamente buttati in “fumo” (AUTO+ ISTAT)!
Secondo un’indagine Eurisko, la percezione che fumatori ed
ex-fumatori hanno del loro livello di vita è assai diversa: i primi per esempio
si dicono molto soddisfatti nel 60% dei casi, gli altri nel 69%; insoddisfatti
rispettivamente il 24% ed il 16%. Le aree che beneficiano di questa
soddisfazione riguardano il privato più che la salute in senso stretto e
soprattutto la qualità della vita sentimentale ed i rapporti in ambito
familiare.(73-119)
Per dare un esempio del grado di “inquinamento” raggiungibile da
un fumatore pensate che: un individuo che respira lo smog di Los Angeles per un
anno, inala un quantitativo di materiale bruciato paragonabile a quello di 2
pacchetti di sigarette.(14-38)
* * *
Da studi caso-controllo e studi di correlazione è emerso che
calorie e grassi sono in associazione
diretta con l'insorgenza del cancro al seno, probabilmente perché aumentano la
produzione di estrogeni. (11-42)
Uno studio effettuato tra donne vegetariane ha inoltre rivelato
un tasso di mortalità per cancro alla mammella più basso rispetto alle altre
donne (2-146).
Questa neoplasia è associata a diete ricche di cibi affumicati o
conservati sotto sale, ad eccessivo consumo di sale ed allo scarso apporto di
frutta e verdura fresca.
Il cambiamento a cui abbiamo assistito ultimamente in campo
alimentare verso cibi più sani e naturali, potrebbe forse spiegare la
diminuzione della mortalità attribuibile al cancro allo stomaco. (11-41)
Questa neoplasia è infatti, in netto calo nel mondo tranne che
nel Giappone, nei Paesi della Cordigliera delle Ande, parte dei Caraibi e
dell'Est europeo. In Italia le zone più interessate da questo tumore sono
l'Emilia Romagna, parte della Lombardia, della Toscana, e Repubblica di San
Marino (2-143).
CANCRO AL FEGATO - 10.350 circa i decessi nel 1994
Nei Paesi industrializzati il cancro al fegato è correlato con
l'uso eccessivo di bevande alcoliche (11-42); altri fattori scatenanti sono la
cirrosi, l'epatite virale, la malnutrizione ed alcuni cancerogeni ingeriti con
la dieta.
Rilevante è l'interazione tra epatite B ed aflatossine (2-144).
Per questa neoplasia è
stato identificato come fattore alimentare specifico l'obesità (11-43).
CANCRO ALLA PROSTATA - 6.800 circa i decessi nel 1994
Studi analitici dimostrano la correlazione tra ingestione di
grassi con la dieta, obesità e rischio
di cancro alla prostata (11-43).
CANCRO AL COLON e AL RETTO
11.000 circa i decessi per CANCRO AL COLON
e 3.950 circa per CANCRO AL RETTO NEL 1994
Regimi alimentari con poca fibra ed alto contenuto di grassi,
aumentano la probabilità di manifestarsi del cancro al colon. Infatti le fibre,
contenute in grande quantità nei vegetali, velocizzano l'evacuazione delle feci
e quindi riducono il tempo e la superficie di contatto fra i carcinogeni che vi sono presenti e la
mucosa intestinale.
Ciò fu avvalorato, tra l’altro, anche dall'osservazione di
alcune popolazioni dell'Africa Meridionale che, grazie ad un regime alimentare
ricchissimo di vegetali, avevano una massa fecale molto superiore rispetto a
quella degli abitanti dei Paesi industrializzati e di conseguenza, una quasi
totale assenza di questa neoplasia; anche gli appartenenti alla Chiesa
degli Avventisti del Settimo Giorno
della California, meta' dei quali sono vegetariani, presentano un'incidenza di
tumori colorettali molto bassa.
E' da notare che essi non fanno uso di alcolici e questo è
importante perché il rischio di cancro al retto può essere aumentato dal
consumo di birra. (11-41)
* * *
A sostegno dell'importanza dell'alimentazione nella prevenzione
delle neoplasie, vi sono indagini compiute su emigranti che hanno dimostrato
che quando gli abitanti di un'area ad alto rischio per un tipo di tumore si trasferiscono, l'incidenza sulle
generazioni successive si attesta sui valori delle aree ospitanti.
Interessante, a questo proposito, uno studio effettuato nel 1972 su giapponesi
trasferitisi alle Hawaii. Essi furono
tenuti sotto controllo per registrare l'insorgenza di nuovi casi di cancro allo stomaco.
Fu riscontrato , fra i componenti della seconda generazione
degli emigrati, un tasso di insorgenza di questa neoplasia, pari a quello
hawaiano, molto più basso di quello giapponese, e l'unica modifica apportata fu
la dieta. (2-143)
Tuttavia, rimane impossibile quantificare in maniera precisa
l'influenza dell'alimentazione sulle neoplasie; infatti, per capire se un dato
alimento può indurre una patologia dovremmo riuscire ad isolarne gli effetti,
ma dobbiamo tenere presente che esso è
l'insieme di più sostanze che possono interagire chimicamente con gli altri
cibi ingeriti.
I dati epidemiologici sono tratti da osservazioni compiute su
popolazioni o su sottogruppi di esse; bisogna poi considerare che ogni
popolazione è costituita da individui che possono avere una suscettibilità
diversa nei confronti di ciascuna malattia e parte di tale differenza può
essere spiegata geneticamente. A volte può capitare che in popolazioni
aventi un certo tipo di alimentazione,
tale da scatenare una patologia, vi siano individui geneticamente predisposti
ad essa, cosi' non tutti quelli che si ammaleranno di una malattia a rischio
dietetico, l'avranno contratta a causa dell'alimentazione ma per motivi di
predisposizione genetica. E’ vero che studi sperimentali su animali permettono
indagini più approfondite sui rapporti alimentazione-patologie, ma emerge poi la
difficoltà di trasferire i dati desunti da queste indagini agli esseri umani.
(11-35)
* * * * * * * * * *
MALATTIE CARDIO E CEREBROVASCOLARI
Le malattie cardio e cerebrovascolari, nei Paesi
industrializzati, sono rispettivamente la prima e la terza causa di morte
(28-4), inoltre:
- NEL 1994, IN ITALIA, 242.600 DECESSI, CIOÈ' IL 44% CIRCA DELLE
MORTI DI QUELL'ANNO, FURONO IMPUTABILI ALLE MALATTIE CARDIOVASCOLARI (30-128);
168.700 CIRCA GLI EVENTI CORONARICI E 73.900 CIRCA QUELLI CEREBROVASCOLARI;
- IL 12% DEI COLPITI HA MENO DI 65 ANNI (ISTAT);
- DALL'8 AL 10% DELLE PERSONE COLPITE DA INFARTO DECEDONO ENTRO
1 ORA ED IL 40% ENTRO UN MESE (9-3);
- SECONDO UN DOCUMENTO DELL’ ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA
SANITÀ', L'ESCLUSIONE DELLE SOLE MALATTIE CARDIOVASCOLARI AUMENTA LA SPERANZA
DI VITA IN EUROPA, MEDIAMENTE DI SETTE ANNI, MENTRE LE ALTRE PATOLOGIE HANNO UN
MINORE IMPATTO IN QUESTO SENSO (10-37).
Tra le malattie cardiovascolari, una delle cause principali di
mortalità è l’infarto miocardico acuto, con circa 37.439 decessi nel 1994
(ISTAT), mentre sono fattori di rischio per queste patologie: il fumo di
sigaretta, l'ipercolesterolemia, l'ipertensione arteriosa, il sovrappeso,
l'obesità, la sedentarietà ed ancora più dannosa è la sinergia che si crea tra
i fattori (1-14).
E' stato accertato inoltre che l'aumento o la diminuzione
dell'1% dei valori di colesterolemia, corrisponde rispettivamente, all'aumento
o alla diminuzione del 2% dell'incidenza di infarto di cuore o di morti
improvvise di origine coronarica, sull'intera popolazione. (27-7-5).
Seconda, in ordine d'importanza, tra le cause di mortalità
cardiovascolare è l'ictus (10-41), la più diffusa tra le malattie
cerebrovascolari, con circa 80.000 episodi l'anno, e tristemente nota per l'alta percentuale di casi d'invalidità
che ne deriva (10-44).
Infatti una Commissione scientifica dell'OMS ha appurato che il
23% dei colpiti da ictus, muore entro una settimana dall'attacco, il 25% entro
l'anno, il 17% ha menomazioni residue di natura neurologica ancora dopo un
anno, ed il 40% di questi non sarà più autosufficiente.
Solo il 20% dei colpiti tornerà a riprendere l'attività
lavorativa.
I costi sono quindi molto alti, sia a livello personale che a
livello sociale, poiché i pazienti hanno spesso degenze ospedaliere molto
lunghe. (10-44).
Il principale fattore di rischio per l'ictus è l'ipertensione
arteriosa (5.614.000 i casi e 17.280 i decessi nel 1994), la cui causa primaria
è l’uso eccessivo di sale nell'alimentazione (10-100).
SULL’IPERTENSIONE ARTERIOSA…
Per ipertensione arteriosa si intende l’aumento della pressione
sistolica (massima) e/o diastolica
(minima); l’ipertensione può essere: normale, lieve, moderata,
grave, maligna, senile.
- normale: pressione
diastolica tra 85 e 89 mm Hg
-
lieve:
pressione diastolica tra 90 e 104 mm di Hg
-
moderata:
pressione diastolica tra 105 e 119 mm di Hg
-
grave:
pressione diastolica oltre 120 mm di Hg
-
maligna:
pressione diastolica oltre 120-130 mm di Hg accompagnata da alterazioni renali
e oculari
-
senile:
pressione sistolica maggiore di 160 mm di Hg con diastolica normale.
Quasi sempre l’ipertensione comporta un aumento tanto dei valori
sistolici quanto di quelli diastolici.
Nei Paesi industrializzati il 15-20% della popolazione ha una
pressione ai limiti (160/95).
Fattori scatenanti l’ipertensione possono essere:
-
predisposizione
familiare;
-
situazioni
socio-culturali ed ambientali;
-
età;
-
iperalimentazione;
-
eccessiva
introduzione di alcuni elementi minerali;
-
obesità;
-
alcolismo.
Il ruolo dell’alimentazione è rilevante ai fini della
prevenzione e del trattamento. Infatti, la percentuale degli ipertesi è alta
nelle popolazioni che assumono eccessive quantità di sodio con gli alimenti,
mentre è scarsa, se non assente, presso alcune comunità primitive africane che
ne fanno un uso ridotto.(86-81)
* * * * * * * * * *
CIRROSI EPATICA ALCOLICA
SONO STATI CIRCA 202.000 I CASI DI CIRROSI EPATICA NEL 1994 DI
CUI CIRCA IL 10% CON ESITO MORTALE ED
IL 50% DEI QUALI IN ETA' PREMATURA (ISTAT).
La cirrosi epatica può insorgere per vari motivi legati
all’alimentazione, ma SECONDO UNA STIMA RISULTA CHE IL 44% DELLE CIRROSI è
DOVUTO AL CONSUMO ECCESSIVO DI ALCOOL (oltre i 30 g. al giorno, contenuti per
esempio in meno di 1/2 litro di vino) (28-14).
La cirrosi epatica alcolica è un indurimento del fegato che non
si sviluppa mai in modo repentino, ma crea progressive trasformazioni della
struttura epatica. Insorge prima l’epatite alcolica ed, in un secondo tempo, la
cirrosi epatica alcolica con la totale alterazione delle strutture epatiche, le
cui cellule scompaiono per essere sostituite da un tessuto fibroso e duro.
(78-303)
A testimonianza dell'incidenza dell'alcool su questa patologia,
vi sono i risultati di vari studi, tra cui uno condotto in Francia, durante la
seconda guerra mondiale, quando vi fu il razionamento del vino e la mortalità
da cirrosi epatica ebbe un calo dell'80%. Uno studio ha rivelato che se il
consumo giornaliero di etanolo scendesse da 160 a 80 grammi al giorno, si
avrebbe una riduzione del tasso di morbosità da cirrosi del 58%, il problema
del delirium tremens si ridurrebbe del 90% ed il tumore dell'esofago del 28%
(10-111).
NEL 1994 IN ITALIA, SONO STATI 4.137 I RICOVERATI IN ISTITUTI
PUBBLICI O PRIVATI PERCHÉ' DIPENDENTI DALL'ALCOOL (3.274 maschi e 863 femmine -
ISTAT); si stima che la percentuale di nuovi alcolisti sia il 10% del totale
cioè circa 50.000 all'anno) ed il 30% di questi risulta disoccupato (24-32).
Le cause di morte per le quali si fa menzione specifica
dell'abuso d'alcool come causa del decesso sono: psicosi alcoliche (29 morti
nel 1994), sindrome di dipendenza dall'alcool (326 morti nel 1994), abuso di
alcool senza dipendenza, polineuropatia alcolica, miocardiopatia alcolica,
gastrite alcolica, ingrossamento e danni al fegato da alcool, epatite alcolica
acuta, cirrosi epatica alcolica, eccesso di tasso alcolico nel sangue,
avvelenamenti accidentali da alcool etilico. (24-123)
Ma dall'analisi dei costi sociali dell'alcool emerge come un
eccessivo consumo di alcolici, o addirittura l'abuso e la dipendenza da alcool,
non siano un problema esclusivo degli alcoolisti, bensì dell'intera
collettività.
Le spese sanitarie, sia generiche che relative ai trattamenti
presso istituti specializzati, l'aumento della criminalità, degli incidenti (e
dunque ancora delle spese sanitarie), le spese per politiche sociali,
rappresentano solo alcuni di tali oneri. (24-4)
Per quanto riguarda il calcolo del costo sociale si sono
valutati quattro grandi ordini di problemi legati all'abuso di alcolici:
1) effetti sulla salute:
è il problema direttamente legato alle conseguenze dell'alcool. Si tratta di
una gamma piuttosto ampia di condizioni patologiche che va dalla psicosi
alcolica alla cirrosi epatica, ai tumori maligni, ad alcune malattie del sistema
cerebrovascolare, dell'apparato digerente, ecc. (24-4);
2) effetti sull’infortunistica: ovvero al maggior rischio di
subire traumi derivanti da infortunii domestici e del tempo libero, infortuni
sul lavoro, incidenti stradali (24-4); la legge italiana prevede che non
possano mettersi alla guida degli autoveicoli coloro il cui tasso alcolico superi gli 0,8 grammi di alcool per litro di
sangue. (27-5-8)
(gli incidenti provocati da persone in stato di ebbrezza nel
1996 sono stati 1.617, 57 dei quali con investimento di pedoni - ISTAT)
3) manifestazione di fenomeni di criminalità e devianza: le
violenze in famiglia, le violenze sessuali, gli omicidi, ecc. (24-4)
4) ripercussioni sul mercato del lavoro derivanti da una
riduzione della produttività, misurabile in termini di riduzione di salari e
redditi, di maggior rischio di disoccupazione, di interruzione di percorsi
lavorativi e formativi, di riduzione delle ore lavorate, di incremento
dell'assenteismo. (24-4)
Il costo sociale complessivo indotto dall'alcool è stato stimato
in circa 13.101 miliardi nel 1994 (24-111).
Tab. 1- Costi sociali dovuti all'alcolismo, secondo la
ripartizione proposta, in milioni di lire al 1994 (24-34).
TIPOLOGIE IPOTESI
BASE MEDIA
Costi primari diretti 2.343.476 2.609.822
Costi per trattamenti degli alcolisti 2.343.476 2.609.822
di cui:
- ricoveri ospedalieri 1.757.824 2.017.165
- riabilitazione/reinserimento 321.250 321.250
- altre prestazioni sanitarie 212.434
214.948
- prestazioni continuative per disabili 51.968
56.459
Costi primari indiretti 5.059.518 5.613.741
Morbilità degli alcolisti 3.464.288 3.631.871
di cui:
- assenza dal lavoro per incidenti/malattie 2.554.304 2.642.902
- perdita del lavoro per invalidità permanente
833.374 905.388
- assistenza dei familiari 76.610 83.581
Mortalità degli alcolisti 1.595.230 1.981.870
di cui:
- perdita di produzione (occupati) 1.595.230 1.981.870
Costi secondari diretti 3.357.145 4.009.825
Costi per gli incidenti provocati dagli alcolisti 3.357.145 4.009.825
di cui:
- spese afferenti i trattamenti sanitari 140.066
169.777
- spese amministrative 1.171.779 1.396.562
- costi associati alla distruzione di proprietà
(pubblica e privata) 2.045.300 2.443.486
Costi secondari indiretti 716.171 868.086
Morbilità delle vittime di incidenti
provocati da alcolisti
(perdita di produzione degli occupati) 217.507
263.645
Mortalità delle vittime di incidenti
provocati da alcolisti
(perdita di produzione degli occupati) 498.664 604.441
TOTALE 11.476.310
13.101.474
Seppure con andamenti non lineari, fortunatamente il livello dei
consumi di bevande alcoliche si è progressivamente ridotto dal 1980 al 1994 di
circa il 17% (24-67) e dagli 87 litri di bevande alcoliche procapite annui nel
1990, si è passati agli 82,2 litri nel 1993 (24-82)!
Ma i consumi delle famiglie, per quanto riguarda il settore
delle bevande alcoliche, comportano comunque una spesa ragguardevole; essi
infatti si sono rivolti nel 1994, per il
65,4% al vino (6.540 miliardi), per il 19,4% alla birra (1.937 miliardi)
e per il restante 15,2% alle altre bevande alcoliche (1.524 miliardi) per un
totale di 10.001 miliardi, cioè circa l'1% del consumo totale delle famiglie in
quell'anno (1.030.296 miliardi) ed il 5% della spesa per il settore familiare,
contro l'8% di quella per le bevande analcoliche. (24-17)
Il rischio di diventare alcolisti è più elevato nel sesso
maschile rispetto a quello femminile: si calcola tre-cinque volte di più
(23-20); ma la gravità del dato femminile risulta preoccupante soprattutto per
le donne che in gravidanza fanno eccessivo uso di alcool (più di 30g. di alcool
al giorno); e' stato infatti,
individuato un quadro caratteristico di anomalie nei neonati. Questa
"sindrome alcolica fetale"
provoca il ritardo generalizzato della crescita, compreso il ritardo
mentale ed altre anomalie come le cardiopatie congenite. Le stime relative
all'America settentrionale e all'Europa mostrano un'incidenza della sindrome
alcolica fetale di 1-3 casi su 1000 nati vivi e di alcuni effetti dannosi in
ulteriori 3-5 casi su 1000 nati vivi.
L'alcool quindi è una delle cause più comuni di anomalie
neonatali nei Paesi industrializzati. (11-54)
In certe famiglie vi è l'abitudine a bere vino o altri alcolici
oltre misura, abitudine che viene “tramandata naturalmente” alle nuove
generazioni risultando così
difficilmente resistibile (23-20).
Dobbiamo comunque ricordare che l'alcoolismo è caratterizzato
anche da problemi comportamentali, familiari e sociali di grande rilevanza; a
causa di questi aspetti è considerato la malattia sociale per eccellenza.
(23-20)
Sottolineiamo infine, come, il diffondersi del consumo di
superalcolici, sia facilitato dall'allettante pubblicità con i quali vengono
propagandati tramite i mass media;
pubblicità che molto spesso ci propone ambienti e situazioni affascinanti, con
soggetti che trasudano vite intense ed altolocate, che risultano scollate dalla
realtà del consumatore medio, e che forse proprio per questo lo catturano
(AUTO).
E sicuramente è un settore pubblicitario ricco quello delle
bevande alcoliche, visto che nel 1994 sono stati spesi 459 miliardi cioè l'11%
degli investimenti pubblicitari del settore alimentare. (4-21)
* * *
In conclusione vi invitiamo a riflettere sul fatto che spendiamo
in un anno 10.001 miliardi per acquistare bevande alcoliche, di cui alcuni
fanno un consumo eccessivo, pericoloso per sé stessi e per gli altri, che costa all’intera collettività 13.101
miliardi, e tutto questo per qualcosa che al nostro fisico non è assolutamente
necessario (AUTO).
* * * * * * * * * *
OBESITÀ
IN ITALIA IL 7,3% DELLA POPOLAZIONE SOPRA I 17 ANNI RISULTA
OBESO (7,5% MASCHI E 7% FEMMINE)
(66-14).
Portarsi addosso parecchi chili in più aggrava il funzionamento
degli apparati respiratorio, digerente, scheletrico e cardiocircolatorio; è
fattore di rischio per l'arteriosclerosi, il diabete, l'ipertensione
(che, in percentuale, si riscontra più tra gli obesi che nel resto della
popolazione),le malattie della cistifellea, il tumore al seno, il cancro
dell'endometrio, i tumori del colon e
le malattie cardiovascolari.
Possono poi facilmente insorgere: vene varicose, tromboflebiti,
litiasi biliare, irritazioni e macerazioni cutanee, ernie e stati ansioso
depressivi (15-440); di conseguenza, dall'analisi di dati che correlano il
tasso di mortalità con il peso corporeo, emerge un'aspettativa di vita ridotta.
(8-15)
Ma quando dall'essere in sovrappeso si passa all'obesità?
Si comincia a parlare di obesità quando il peso corporeo supera
del 20% quello "ideale".
Negli USA la percentuale di persone adulte in sovrappeso varia
dal 25 al 45%; in Italia non esistono dati cosi' precisi ma una ricerca
eseguita presso i dipendenti degli ospedali riuniti di Parma rivela che al di
sopra dei 40 anni le persone in sovrappeso di oltre il 20% sono il 22% della
popolazione maschile ed il 38% di quella femminile. Addirittura dopo i 50 anni
il 60% delle donne e' dichiaratamente obeso. (15-439)
Le differenze della diffusione dell'obesità in diverse
popolazioni, devono essere attribuite in larga misura a fattori ambientali (soprattutto
alimentazione ed attività fisica); nell'ambito di una singola popolazione
coloro che diventano obesi, provengono solitamente da famiglie i cui membri
hanno la tendenza ad essere in sovrappeso. (11-47)
Da alcune statistiche si ricava infatti, che da genitori
entrambe obesi si ha un 70% di probabilità che il figlio lo diventi; se un solo
genitore è obeso si ha il 40% di probabilità, con genitori di peso normale il
20%. (15-439)
Per quanto riguarda l'obesità infantile, studi recenti portano a
concludere che, in Italia, circa il 20% dei soggetti in età scolare sono da
considerarsi obesi e questo dato è reso ancora più preoccupante se si tiene conto del fatto che circa l'80%
dei bambini in sovrappeso rimane tale anche da adulto.
Per i bambini lo stato di obesità può determinare alterazioni,
inizialmente reversibili, all'apparato scheletrico: l'eccesso di peso
dell'addome può provocare una iperlordosi lombare (accentuazione della curva
anatomica), mentre il sovraccarico sulle gambe porta il bambino ad allargare la
base d'appoggio, con conseguente valgismo delle ginocchia e piattismo dei
piedi. (15-439)
E’ importante quindi prevenire l'obesità fin dai primi anni di
vita in quanto, durante l'infanzia, come anche durante la pubertà e la seconda
metà della gravidanza, vi è un aumento del numero delle cellule lipidiche ed un
aumento del loro volume; quindi, più cellule adipose si formeranno nei
tessuti che le ospitanto, tanto più
difficile sarà dimagrire in quanto le cellule adipose in sovrannumero possono
essere eliminate solo con iniziative di carattere chirurgico non scevre da
rischi (15-439).
E’ stato rilevato che persone con un eccesso di grasso sulla
zona superiore del tronco, hanno più implicazioni negative sulla salute, a
parità di eccesso di peso, che persone con un eccesso di grasso sui fianchi; è
quindi necessario che chi presenta tale profilo corporeo a rischio, sorvegli
con maggiore attenzione il proprio peso. (29-4)
* * * * * * * * * *
OSTEOPOROSI
LE PERSONE AFFETTE DA OSTEOPOROSI IN ITALIA NEL 1994 SONO STATE
CIRCA 2.613.000 DI CUI CIRCA 3/4 DONNE
DAI 55 ANNI IN POI (ISTAT); IL NUMERO TOTALE DI FRATTURE CAUSATE
DALL'OSTEOPOROSI IN ITALIA E' STATO STIMATO IN CIRCA 32.000 L'ANNO (30-130)
L'osteoporosi è caratterizzata da fragilità ossea, dovuta alla
ridotta quantità di tessuto osseo presente in ogni parte dello scheletro.
La densità del tessuto osseo aumenta durante l'infanzia e
l'adolescenza, per poi ridursi più decisamente dopo la menopausa, per le donne,
ed intorno ai 55 anni, per gli uomini. (11-52)
I fattori associabili ad una diminuzione della densità ossea,
sono stati classificati in varie categorie:
a) carenza di estrogeni,
b) immobilità,
c) fumo,
d) alcool e terapia farmacologica,
e) mancato apporto di calcio (11-53).
L'insorgenza di osteoporosi è inoltre associata anche ad un
basso apporto di vitamina D, di fosforo e ad un eccessivo uso di proteine che
sembrerebbero contribuire alla perdita di calcio (10-113); nelle persone
affette da osteoporosi, infatti, vi è un bilancio calcico negativo, dovuto sia
ad un progressivo deterioramento, con l'età, del processo digestivo di questo
minerale, che ad una riduzione dell'apporto di calcio con gli alimenti. (1-22)
Da uno studio dell'Istituto Nazionale della Nutrizione, risulta
infatti che il 46.5% circa degli uomini e il 62.5% circa delle donne di uno
stesso gruppo, assumevano solo il 67% del fabbisogno quotidiano di calcio
(1-22); preoccupante il dato riguardante le donne, se si pensa che nei Paesi
industrializzati, nei primi 10 anni dopo la menopausa, esse perdono circa il
15% della massa ossea (11-52).
Questa condizione predispone alle fratture del collo del femore
(1939 i decessi nel 1994 - ISTAT), del polso, della colonna vertebrale, che
risultano letali nel 20% dei casi
(9-2), mentre il 16% dei traumatizzati non camminerà più (11-52).
Tra i fattori favorenti l'osteoporosi abbiamo citato il fumo
poiché risulta che lo scheletro dei fumatori presenta un contenuto minerale
inferiore del 15-30% rispetto a quello dei non fumatori (10-62).
E’ importante ricordare
che un efficace approccio preventivo, che ritardasse il processo osteoporotico
di soli 5-6 anni, ridurrebbe della meta' il rischio per ogni donna, di subire
una frattura dell'anca da osteoporosi (28-14) e ridurrebbe il costo del ricovero
ospedaliero in seguito a fratture dovute ad osteoporosi, stimato in circa 150
miliardi l’anno.
Non solo: se si aggiungono le spese per le terapie
riabilitative, in genere lunghe, e per l’invalidità residua, che spesso
richiede assistenza domiciliare, si arriva ad una stima di circa 730 miliardi
l’anno; vengono inoltre perse circa 364.000 giornate lavorative ogni anno per
questa causa (28-12).
* * * * * * * * * *
DIABETE MELLITO NON INSULINO-DIPENDENTE
L’80% DEI CASI DI QUESTA PATOLOGIA E’ ATTRIBUIBILE
ALL’ALIMENTAZIONE( 28-14).
Per questa patologia la componente attribuibile
all'alimentazione è dell'80%. Il diabete mellito non insulino-dipendente,
prevale in soggetti di 40 anni ed oltre, e circa l'80% di essi è obeso (11-48).
L'obesità è stata ampiamente accettata come fattore precipitante
di grande importanza per questo tipo di diabete e fondamentali sono il grado di
obesità e la sua durata (1-8).
Il tasso di incidenza del diabete è infatti quasi doppio in
presenza di un moderato sovrappeso, mentre, in pazienti marcatamente obesi, può
essere più di 3 volte superiore al normale (11-48).
Il controllo del peso è, quindi, di fondamentale importanza sia
nella prevenzione primaria di questa patologia, che in individui ad alto
rischio di diabete.
Cause diabetogene correlate all'obesità, possono essere un
aumentato immagazzinamento di grasso, un incremento dell'assunzione di
materiale energetico di natura alimentare, la composizione della dieta (e
particolarmente un elevato consumo di grassi), nonché l'inattività fisica
(1-8).
Il diabete è anche associato a malattie cardiovascolari,
disordini renali, neurologici e oculari e, durante la gravidanza, ad effetti
negativi sul feto. (11-48)
Si è constatato inoltre che la riduzione dei grassi nella dieta,
diminuisce l'insorgere di malattie coronariche e vascolari che sono complicanze
del diabete. (15-441).
* * * * * * * * * *
GOZZO ED ALTRE MALATTIE DA CARENZA DI IODIO
I DISTURBI DA CARENZA DI IODIO, INTERESSANO CIRCA UN MILIARDO DI
PERSONE, DISTRIBUITE IN 80 PAESI NEL MONDO.
Da studi condotti nel 1995 è emerso che la carenza iodica non è
limitata soltanto alle regioni settentrionali del nostro Paese, ma è presente
anche nelle regioni centromeridionali, nelle zone di pianura ed addirittura
nelle regioni costiere (49-157).
Lo iodio e' un componente fondamentale degli ormoni prodotti
dalla ghiandola tiroide situata, nella parte anteriore del collo; gli ormoni
tiroidei regolano numerose attività metaboliche dell'organismo, influenzando,
fra l'altro, sia l'accrescimento corporeo che lo sviluppo cerebrale e la
maturazione sessuale; la carenza di iodio quindi, compromette la funzione della
tiroide, dando luogo al gozzo e ad altre malattie (27-10-5). Il gozzo è
caratterizzato da un aumento dell’ormone ipofisario TSH che porta ad una
maggiore stimolazione della ghiandola tiroidea e quindi del suo volume al fine
di captare, fissare ed estrarre la maggior quantità di iodio possibile dal
plasma. Gravi condizioni morbose legate alla carenza di iodio sono anche: il
cretinismo endemico, caratterizzato da deficit mentale, sordomutismo, paralisi
spastica ed altri disordini neurologici; l'ipotiroidismo; l'aumentata frequenza
di natimortalità e di mortalità infantile.
Inoltre, sebbene i rapporti tra carenza iodica e carcinoma della
tiroide non siano ancora del tutto definiti,
non vi e' dubbio che il deficit di iodio favorisca l'insorgenza di forme
tumorali tiroidee maligne. (1-20)
In tutto il territorio nazionale è stato rilevato che l’apporto
medio giornaliero di iodio è inferiore a quello raccomandato e la prevalenza di
gozzo nella popolazione giovanile risulta, nella maggior parte dei casi
osservati, superiore al 20% o addirittura al 50% in numerose località ed al 73%
in alcune località della Campania; in Alto Adige il 50% dei bambini in età
scolare è affetto da gozzo. (49-157)
Va sottolineato inoltre, che anche nei centri urbani e in genere
nelle aree apparentemente esenti da una significativa prevalenza di gozzo
endemico, l'apporto alimentare di iodio risulta generalmente inferiore a quello
ritenuto ottimale dall'Organizzazione Mondiale della Sanità; in queste aree si
riscontrano difetti mentali e di alterata funzione tiroidea meno gravi, ma
certamente rilevanti sul piano sociale.
Ricordiamo che il gozzo è stato una delle principali malattie
europee da carenza nutrizionale fino al momento in cui, dopo la seconda guerra
mondiale, sono stati compiuti sforzi per aumentare il consumo di iodio. (10-70)
I primi provvedimenti di iodoprofilassi in Italia, sono stati
limitati a ristrette aree di endemia gozzigena: Val d'Aosta nel 1909,
Valtellina e zone montane del Piemonte e della Lombardia nel 1925. Solo nel
1972, venne emanato il primo provvedimento legislativo con il quale si
autorizzava l'Amministrazione dei Monopoli di Stato, a produrre e a porre in
commercio, limitatamente alle zone dichiarate colpite da endemia gozzigena,
sale da cucina iodurato.
In seguito, con l'abolizione del regime di monopolio di vendita
del sale, fu liberalizzata la
commercializzazione del sale comune da cucina, ma non quella del sale iodurato,
rigidamente riservata alla sola Amministrazione del Monopolio di Stato.
Considerati questi inconvenienti veniva emanato un secondo
decreto che liberalizzava la vendita del sale iodurato nelle zone di
riconosciuta endemia gozzigena; in un comune della Sicilia e' stato invece
sperimentato con successo, un metodo alternativo di iodoprofilassi mediante
iodazione dell'acqua. (1-21)
* * * * * * * * * *
ANEMIA SIDEROPENICA
Nel mondo gli anemici sideropenici sono 917 milioni, di cui ben
851 milioni nei Paesi sottosviluppati. (11-17)
I dati in Europa riguardano il 20-30% delle donne in età fertile
ed adolescenti. (49-136)
In Italia sono stati 161 i morti per anemia sideropenica nel
1994. (ISTAT)
Il ferro svolge numerose importanti funzioni nel nostro
organismo, tra cui trasportare ossigeno ai tessuti (e' parte dell'emoglobina,
proteina che porta ossigeno nel sangue), e la sua carenza è causa dell’anemia sideropenica provocata da
esaurimento delle riserve di questo minerale. (10-118)
La carenza di questo elemento ha ripercussioni negative anche su
altri sistemi e meccanismi biologici, come ad esempio il sistema immunitario, i
sistemi e meccanismi di neurotrasmissione cerebrale e la termoregolazione.
La carenza di ferro aumenta molto durante la gravidanza a causa dell’aumento della quantità di
sangue in circolazione e delle necessità del feto.(49-138)
* * * * * * * * * *
Prevenzione delle malattie a rischio dietetico
DA DATI APPROSSIMATIVI SI E' ARRIVATO A CALCOLARE L'IMPATTO
DELLE MRD SULLA SPESA SANITARIA NAZIONALE: 16.000 MILIARDI SU UN TOTALE DI
62.000.
SI RITIENE INOLTRE CHE IL COSTO PER LA CURA DELLE MRD POTREBBE
ESSERE RIDOTTO DEL 30% AGENDO SU TUTTI I FATTORI DI RISCHIO, IL CHE
DETERMINEREBBE UN RISPARMIO DI CIRCA 3.600 MILIARDI DI LIRE, RISPARMIO CHE
POTREBBE BILANCIARE LA SPESA PER PUBBLICIZZARE I METODI DI PREVENZIONE. (28-11)
L’obiettivo I del Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 è quello
di promuovere l’adozione di comportamenti e stili di vita in grado di favorire
la salute e di sostenere la diffusione di attività di controllo e di riduzione
di fattori di rischio (…) attraverso azioni concernenti:
-
alimentazione;
-
fumo;
-
alcool;
-
attività
fisica. (56-13)
Prevenire le MRD significa effettuare una spesa alimentare
oculata, scegliendo alimenti sani all'origine e tenendo presenti le nostre
necessita', cucinando e conservando il
cibo in modo salutare.
A questo proposito possiamo utilizzare le Linee guida
alimentari, stabilite da un gruppo multidisciplinare di esperti, su iniziativa
dell'Istituto Nazionale della Nutrizione, pubblicazioni dirette sostanzialmente
a fornire consigli pratici per l'orientamento nutrizionale della popolazione ed
i LARN (livelli di assunzione raccomandati di energia e nutrienti per la
popolazione italiana) revisionati periodicamente dalla SINU (Società Italiana
di Nutrizione Umana). (AUTO)
* * *
Non è facile combinare una strategia a livello nazionale.
Probabilmente manca, alla base, non soltanto un serio monitoraggio sulla salute
della popolazione che evidenzi le fasce più suscettibili alle patologie
nutrizionali, ma anche un monitoraggio sanitario locale con il quale le singole
unita' sanitarie (medico di base, unita' sanitarie locali, ecc...) possano
rendersi conto delle realtà nutrizionali e delle patologie legate ad esse.
Se manca questa informazione capillare, anche le strategie
nazionali potrebbero non risultare sufficienti al raggiungimento dello scopo
finale, cioè quello di ridurre drasticamente l'influenza dell'alimentazione
sull’insorgenza di patologie.
Molto spesso poi le mete nutrizionali devono attenersi alla
potenzialità di adattamento dell'industria agroalimentare di ciascun Paese,
tenendo conto anche degli interessi economici in ballo.
Se infatti si volesse dare un’impostazione diversa, più
salutare, ai prodotti alimentari trasformati, bisognerebbe farlo rispettando i
tempi di adeguamento ai cambiamenti delle industrie coinvolte, il che potrebbe
significare decenni di assestamento in tutta la catena di produzione e
trasformazione alimentare. (10-129)
Salvaguardare la salute pubblica è molto spesso, perciò, un
delicato gioco di interessi, rispetto ai quali il cittadino è quasi sempre
spettatore passivo. (AUTO)
TUMORI
STIMA DELLA RIDUZIONE DEL RISCHIO DI CANCRO IN ALCUNE SEDI
OTTENIBILE CON MISURE DI PREVENZIONE PRIMARIA.(Tomatis 1991/40-13)
Sede Misure
preventive Riduzione
potenziale
di
incidenza
------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Cavità orale e Eliminazione
del fumo e della 60-80%
faringe masticazione
di tabacco e
riduzione
del consumo di alcool
Esofago Eliminazione
del fumo di tabacco 75%
e
riduzione del consumo di alcool
Stomaco Consumo
elevato di verdura fino
al 50% (*)
e
frutta fresca
Colon/retto Consumo
limitato di grassi e fino al 35% (*)
proteine
animali, consumo
abbondante
di verdure
Pancreas Eliminazione
del fumo di tabacco 30%
Laringe Eliminazione
del tabacco e 85%
riduzione
del consumo di alcool
Polmone Eliminazione
del fumo di tabacco maschi
80-90%
femmine
60-80%
Eliminazione dei rischi
occupazionali 10%
(*)
Riduzione
dell'inquinamento 5-15%
(*)
atmosferico
Vescica Eliminazione
del fumo di tabacco 30-70%
Eliminazione dei rischi 10-20%
occupazionali
Leucemia Eliminazione
dell'esposizione al Incerta
benzolo
e di esposizioni non
necessarie
a radiazioni
------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Il codice Europeo contro il cancro, stilato nel 1988 da un
Comitato di esperti in oncologia della Commissione della Comunità Europea,
cita:
Alcuni tumori possono essere evitati.
1. Non fumate, fumatori smettete al più presto e non fumate in
presenza di altri. Se non riuscite a smettere, usate sigarette con filtro e
contenuto di catrame inferiore a 5 mg.
2. Non eccedete nel consumo di alcolici.
3. Evitate l'eccessiva esposizione al sole, specie se avete la
pelle chiara.
4. Seguite attentamente, soprattutto negli ambienti di lavoro le
norme di sicurezza, relative alla produzione e all'uso di sostanze che possono
essere cancerogene.
Per la vostra salute, e per ridurre il rischio di alcuni tumori,
seguite queste due regole:
5. Mangiate frequentemente frutta fresca, verdura e cibi
integrali;
6. Non aumentate troppo di peso, e limitate l'uso di grassi e di
carne.
I tumori sono più curabili se diagnosticati in tempo:
7. Rivolgetevi al medico se vi accorgete di una insolita perdita
di sangue, di un cambiamento di un neo, della comparsa di un nodulo.
8. Rivolgetevi al medico se avete sintomi persistenti come
tosse, raucedine, cambiamenti delle abitudini intestinali o un'inspiegabile perdita
di peso. Dopo i 40 anni e' consigliabile sottoporsi annualmente a controllo
medico della cavità orale e a esplorazione rettale.
Per le donne:
9. Fate regolarmente il Pap-test, ogni tre anni dopo i 25 anni
d'età.
10.Controllatevi il seno regolarmente specie dopo i 30 anni,
eseguendo almeno due mammografie tra i 40 e i 50 anni. Dopo i 50 anni,
sottoponetevi ogni due anni a mammografia.(1-13)
Prendendo in considerazione il nesso tra alimentazione e cancro
la maggioranza degli esperti attualmente considera prudente ridurre il rischio
di trovarsi in sovrappeso anche limitando l'apporto di grassi dall'attuale 40%
dell'energia nelle società occidentali, a circa il 20-30% (11-59); infatti, per
alcuni tipi di cancro, la percentuale dei decessi delle persone il cui peso
eccedeva del 40% il peso auspicato, era oltre il quadruplo di quella normale.
(1-12)
Per quanto riguarda gli effetti negativi del fumo, è stato
mostrato come un'alimentazione ricca di frutta e verdure fresche, fonti
principali delle vitamine A e C, garantisca in qualche modo una protezione
contro i rischi oncogeni dell'esofago, dello stomaco, del pancreas, e del
colon; ma per quanto riguarda il cancro del polmone studi recenti suggeriscono
che tale protezione risulta inefficace per chi fuma più di due pacchetti di
sigarette al giorno (1-11); ricordiamo inoltre i pericolosissimi sinergismi che
si creano con l'uso contemporaneo di alcool e tabacco.
Nonostante questo la maggior parte dei risultati mostrano come ad un'alimentazione povera di:
grassi totali, in particolare saturi, bevande alcoliche, cibi sotto sale o in
salamoia, affumicati, e ricca di: cibi di origine vegetale, agrumi, ortaggi
gialli e a foglia verde, corrisponda un minor rischio di tumore al colon, alla
prostata, al seno, allo stomaco, al polmone, all'esofago. (11-44)
PATOLOGIE
CARDIOVASCOLARI
Due gruppi di studio dell'OMS hanno pubblicato raccomandazioni
specifiche, per i Paesi ad elevata incidenza di malattia coronarica:
- abbassare i valori medi di colesterolo nel sangue fino a 200
mg/dl, portando i consumi di grassi saturi e totali rispettivamente a meno del
10 e 30% dell'apporto totale di energia, evitando cosi' anche l'obesità;
- abbassare la pressione arteriosa media, riducendo l'apporto di
sale a meno di 3,5g/die, controllando l'obesità ed evitando un eccessivo
consumo di alcool;
- eliminare il fumo;
- aumentare l'attività fisica per evitare l'obesità, e per
abbassare la pressione arteriosa e il colesterolo ematico;
- introdurre misure preventive per l'intera popolazione, da applicare
fin dall'infanzia. (10-125)
Pertanto nell’ambito di una strategia alimentare preventiva
inerente alle malattie cardiovascolari, gli elementi principali da controllare
sono:
- l’apporto energetico della dieta;
- l’apporto di grassi saturi e colesterolo alimentare;
- il consumo di glucidi semplici, complessi e fibre;
- il consumo di sodio, sotto forma di sale da cucina. (1-15)
SULL’IPERTENSIONE
ARTERIOSA…
In base ad osservazioni epidemiologiche e cliniche è stato
dimostrato che l’assunzione di alte quantità di cloruro di sodio o sale
alimentare determinano un aumento di ritenzione di sodio nei tessuti e nei
liquidi organici con incremento del liquido extracellulare, aumento della
pressione arteriosa e delle resistenze vascolari periferiche, e, a volte, anche
della gittata cardiaca. Pertanto una dieta iposodica può essere uno strumento
molto utile nei casi di ipertensione essenziale. (91-329)
Per quanto
riguarda il sale dobbiamo ricordare che la parte più consistente di quello
ingerito quotidianamente proviene, in ordine d'importanza:
- dai prodotti trasformati (55%);
- dal sale aggiunto in cucina o a tavola (36%);
- dagli alimenti in cui è contenuto naturalmente e
dall’acqua potabile (10%). (49-126)
(Ricordiamo che 10 g di cloruro di sodio, ossia sale da cucina, contengono 6 g
di cloro (Cl) e 4 di sodio (Na).
Spesso, i risultati di studi clinici sull'ipertensione sono
difficilmente valutabili per quel che riguarda la componente nutrizionale, in
quanto la maggior parte dei cardiologi e degli epidemiologi concentrano la loro
attenzione sulla normalizzazione della pressione arteriosa mediante farmaci,
piuttosto che attraverso modifiche della dieta o di altri aspetti dello stile
di vita, atteggiamento sanitario che si manifesta anche nei confronti di altre
patologie. (10-133)
Invece, combinando: la riduzione del 30% del sodio
discrezionale, del 20% del sale nella preparazione dei cibi ed una maggiore
diffusione ed uso del pane sciapo, si dovrebbe arrivare ogni anno in Italia a
17.000 morti in meno per ictus (di cui l'8% premature) e 14.000 morti in meno
per cardiopatie ischemiche (17% delle quali premature). (30-139)
E' sicuramente preferibile prevenire l'ipertensione piuttosto
che curarla, visto che numerosi studi hanno dimostrato che, circa la meta' degli
ipertesi in una popolazione, non sono diagnosticati come tali. Tra quelli
diagnosticati, solo la meta' viene effettivamente sottoposta a trattamento
medico, e la meta' circa di quelli trattati farmacologicamente, ottiene
risultati insoddisfacenti; risulta quindi che solo un ottavo degli ipertesi e'
trattato adeguatamente.
Riassumendo, quando l’ipertensione è di tipo essenziale è
consigliabile attenersi alle seguenti norme dietetiche:
-
pasti
frequenti ma non abbondanti;
-
eliminare
sale da cucina e alimenti ricchi di sodio (dieta iposodica);
-
eliminare
insaccati e cibi preconfezionati;
-
limitare
o abolire gli alcolici, in quanto aumentano la pressione arteriosa;
-
bilanciare
gli acidi grassi saturi con quelli polinsaturi;
-
aumentare
il consumo di frutta e ortaggi, alimenti ricchi di potassio;
-
tendere
al peso ideale;
- praticare attività
fisica con una certa regolarità. (86-81/91-328)
CIRROSI
EPATICA ALCOLICA
Sui danni derivanti da un eccessivo uso di alcool ci siamo
dilungati precedentemente ma vogliamo ancora dirvi che in vari Paesi europei,
l'eccesso di bevande alcoliche costituisce da solo, il secondo fattore di
rischio di cancro dopo il tabacco.(1-11)
Le persone adulte in buone condizioni di salute, se consumano
bevande alcoliche, dovrebbero adottare un modello di consumo prudente secondo i
seguenti principi:
- evitare il consumo abituale e quotidiano;
- fra tutte le bevande alcoliche orientare la propria scelta
verso quelle a basso tenore alcolico e di qualità comprovata;
- assumere le bevande alcoliche durante i pasti;
- consumare dosi moderate limitandosi alle quantità ammesse
(infatti, nel caso dell'alcool, si parla di quantità giornaliere ammissibili e
non a livelli di fabbisogno, perché le bevande alcoliche non ci sono
assolutamente necessarie )cioè 40 g di alcool al giorno per gli uomini e 30 g
al giorno per le donne, che corrispondono rispettivamente a 3 e 2 bicchieri
medi al giorno);(1-23)
Le dose giornaliera di alcool ammessa, per l’uomo adulto sano,
corrisponde circa a: (AUTO)
1 litro Birra
chiara a 3,5° 130 ml Brandy
½ litro Vino a
11,5° 130 ml Cognac
300 ml Marsala,
Porto 130 ml Vodka a 40°
300 ml Vini
liquorosi a 18° 130 ml Grappa a 42,5°
300 ml Vermouth 130 ml Whisky a 43°
(A questa quantità di alcool corrispondono 280 calorie)
- calcolare l'energia assunta con bevande alcoliche nell'ambito
dell'energia totale assunta con gli alimenti, al fine di evitare diete
ipercaloriche (vedi tabelle composizione degli alimenti, paragrafo relativo
alle bevande alcoliche)(1-23); infatti il consumo di circa 100 g di etanolo al
giorno, che e' il valore minimo per la maggior parte degli alcolisti, comporta
l'introduzione di circa 700 calorie, cioè l'equivalente di quasi 2 etti di zucchero
o di circa 2 etti e mezzo di pane. (49-175)
Il consumo di bevande alcoliche (vino, birra, aperitivi,
digestivi e superalcolici) e' comunque sconsigliato nei seguenti casi:
- per i giovani al di sotto dei 16-18 anni di età;
- per le donne in gravidanza e durante l'allattamento (se
abituale e superiore a un bicchiere a pasto);
- per le persone che devono porsi alla guida o che devono
effettuare particolari prestazioni lavorative, le quali richiedano una perfetta
efficienza fisica e psichica;
- per le persone malate (per esempio: persone affette da
malattie del fegato, da ulcere gastrointestinali, da miocardiopatie, eccetera);
- per le persone che assumono farmaci e, in particolare,
psicofarmaci.(1-23)
OBESITÀ'
La cura dell'obesità e' notoriamente difficile a causa della
natura prolungata della terapia, dovendo assumere una nuova alimentazione ed
una più intensa attività fisica allo scopo di mantenere il peso ridotto.
Perciò, l'unica soluzione a lungo termine al problema dell'obesità sembra
essere la prevenzione. All'interno di una società il gruppo ad alto rischio e'
costituito da individui con un'anamnesi familiare di obesità, diabete,
ipertensione o iperlipidemia. Questi individui corrono
un maggiore rischio di ingrassare o di andare incontro a complicazioni
in seguito ad aumenti di
peso anche modesti.
Un'alimentazione contenente quantità moderate di grassi tali da
fornire il 20-30% del fabbisogno calorico, può evitare problemi di carenza
energetica senza aumentare indebitamente i rischi di obesità e di altre
malattie croniche, che tendono a insorgere in società dove il contenuto medio
di grassi nell'alimentazione fornisce più del 40% delle calorie totali (i
grassi alimentari assunti in eccesso, vengono immagazzinati più facilmente dei
carboidrati e quindi "ingrassano" di più).
La ripartizione consigliata fra i vari tipi di acidi grassi
contenuti nei lipidi, e' la seguente:
-
saturi
7-10% circa delle calorie totali;
-
monoinsaturi
10-15% circa;
-
polinsaturi
7-10% circa.
In particolare e' stato dimostrato che sono soprattutto alcuni
acidi grassi saturi (il laurico, il miristico e il palmitico che abbondano in
certi grassi animali, nonché' negli oli di cocco e di palma) ad elevare il
livello del colesterolo nel sangue, favorendo di conseguenza il processo aterosclerotico.
Invece gli acidi grassi polinsaturi (soprattutto l'acido linoleico, contenuto
prevalentemente negli oli di semi) tendono a far diminuire tale livello.
L'acido oleico, tra l’altro, (monoinsaturo, presente soprattutto nell'olio di
oliva), presenta il vantaggio di non modificare o addirittura di far aumentare
i livelli nel sangue di un altro tipo di lipoproteine, quelle ad alta densità
(le cosiddette HDL), ossia quelle che operano utilmente per rimuovere il
colesterolo dal sangue e dai depositi nelle arterie. (29-12/18)
In un'alimentazione equilibrata il 60% circa delle calorie della
razione dovrebbe provenire dai carboidrati, dei quali un quarto sotto forma di
carboidrati semplici ed i tre quarti
restanti sotto forma di carboidrati complessi, i quali sono molto più
voluminosi e meno assimilabili rispetto ai semplici, e tendono pertanto a
limitare l'apporto calorico anche grazie al loro contenuto in fibra.
La fibra alimentare infatti, facilita il raggiungimento del
senso di sazietà, in quanto contribuisce ad aumentare il volume del cibo
ingerito e a velocizzare lo svuotamento dello stomaco; inoltre sembra in grado
di ridurre il rischio di insorgenza di diabete, malattie cardiovascolari e
cronico-degenerative, grazie al minor tempo di contatto delle feci con la
mucosa intestinale. (29-12)
Riportare il peso entro valori normali richiede una disciplina
rigorosa e continuativa, dato che le ricadute sono frequenti; è quindi
consigliabile adottare un peso stabile, che rientri nei limiti della norma e
contribuisca a far vivere meglio e più a lungo. (29-5)
OSTEOPOROSI
I cardini della prevenzione dell'osteoporosi sono:
- l'attività fisica,
- l'alimentazione adeguata,
- la correzione di abitudini poco salutari quali un eccessivo
consumo di alcool e fumo.(27-11-4)
Per alimentazione adeguata intendiamo un'alimentazione che
contenga la giusta quantità di calcio e fosforo, che sono i costituenti
principali delle ossa.
Soddisfare il bisogno di fosforo non e' un problema, in quanto
e' un minerale presente in maggiore quantità negli alimenti rispetto al calcio;
quest’ultimo si trova in forma altamente biodisponibile nel latte, nei
formaggi, nello yogurt, nei legumi, negli agretti, nella cicoria, ecc., ma
bisogna far attenzione nell'assumere il calcio dal latte e dai formaggi, perché
questi alimenti contengono grassi saturi; sarà bene quindi variare le fonti di
questo minerale. (27-11-8)
DIABETE
MELLITO NON INSULINO DIPENDENTE
Diversi gruppi di esperti, in Europa e negli Usa, hanno
evidenziato che un elemento chiave per
ridurre al minimo il rischio di diabete è quello di prevenire gli aumenti di
peso sia nell'infanzia che nell'età adulta. (11-113)
Nel trattamento alimentare del diabete non insulino-dipendente i
carboidrati dovrebbero rappresentare il 55-60% del fabbisogno calorico
quotidiano; le fibre dovrebbero avvicinarsi ai 40 g. al giorno per gli uomini e
ai 25 g. per le donne; e' fortemente raccomandata una diminuzione dei grassi ed
anche il consumo di proteine dovrebbe diminuire, fino a un introito medio di
0,8 g per Kg di peso corporeo ideale.(1-10)
GOZZO ED
ALTRE MALATTIE DA CARENZA DA IODIO
L'esperienza ha dimostrato che la correzione del deficit
alimentare di iodio, mediante adeguati programmi di iodoprofilassi, è in grado
di prevenire il gozzo endemico e gli altri disordini da carenza iodica (1-20);
per esempio in Toscana, dieci anni dopo l'introduzione di sale iodato, la
prevalenza del gozzo nei bambini in età scolare e' diminuita dal 60 all'8%
(30-138).
Pertanto, nelle regioni in cui lo iodio scarseggia in natura, in
genere quelle più distanti dal mare, e' fondamentale coordinare le misure da
adottare per controllare la diffusione del gozzo (arricchimento in iodio del
sale per uso alimentare) con quelle volte a ridurre il rischio ipertensivo
(riduzione dell'apporto di sale). Con il variare dei livelli di assunzione di
sale infatti, può diventare opportuno adeguare di concerto il suo arricchimento
in iodio oppure, nei Paesi industrializzati, estendere tale arricchimento anche
a tutti gli altri tipi di sale oltre a quello da tavola. (11-16)
C'è da sperare comunque che le etichette apposte sulle
confezioni di sale rispecchino la realtà; infatti da un'indagine sui disordini
da carenza iodica svolta in Europa, riguardante le analisi di 104 campioni di
sale commerciale, prelevati in 19 Paesi europei, è emerso che il contenuto di
iodio era significativamente più basso di quello dichiarato dal fabbricante nel
30% dei campioni. (10-122). Queste misure profilattiche, e in particolare la
distribuzione di sale addizionato con iodio, comportano un costo irrisorio
rispetto ai chiari benefici che ne derivano per la salute pubblica. (AUTO)
Sul piano puramente economico-finanziario va tenuto conto che la
sostituzione del sale comune da cucina e da tavola con il sale iodato, già disponibile
sul mercato italiano, implicherebbe un sovraccosto medio di 2000 lire circa
all'anno per persona da raffrontare con il
costo della diagnosi e cura di questa patologia che nel nostro Paese è
di 250 miliardi l'anno, cioè il doppio.
Un'adeguata campagna di informazione della popolazione, il cui
costo e' valutabile in circa 3 miliardi l'anno, permetterebbe di diffondere
largamente l'uso del sale addizionato e di abbattere in un breve arco di tempo
l'elevata spesa sanitaria legata al gozzo.(9-13)
ANEMIA
SIDEROPENICA
Per prevenire l'anemia da carenza di ferro e' ovvio che dovremo
arricchire la nostra dieta di quegli alimenti che contengono questo minerale,
assumendone secondo il nostro fabbisogno.(AUTO)
La biodisponibilità del ferro alimentare dipende sia dalla forma
di ferro introdotta, che dal tipo di cibi assunti durante lo stesso pasto.
Negli alimenti, il ferro esiste in due forme principali, il
ferro eme ed il ferro non eme o inorganico. Il primo, che si trova solo nei
cibi di origine animale, ha un'alta biodisponibilità, circa il 25%, che non è
influenzata dagli altri componenti della dieta. L'assorbimento del ferro
inorganico, presente nei vegetali, con
biodisponibilità che va dal 2 al 13%, invece, dipende da quali cibi vengono
ingeriti contemporaneamente. (11-17)
Buona abitudine e' quella di consumare la carne o le verdure con
una spruzzata di limone, che contiene vitamina C (acido ascorbico), la quale
aumenta la biodisponibilità del ferro.
E’ bene anche tener presente che ci sono vari alimenti e
sostanze che inibiscono l’assorbimento del ferro tra cui: i prodotti della
soia, il germe di grano, lenticchie, spinaci, fagiolini, barbabietole, la
crusca perché contenenti fitati; i tannini, contenuti nel tè (riduce
l’assunzione di ferro del 60%) e nel caffè (riduzione del 30%); i sali di
calcio e di fosforo, gli additivi alimentari ed i farmaci
antiacido.(10-119/91-330).
ATTIVITÀ'
FISICA
Dalle società rurali nelle quali per la sussistenza era
fondamentale l'attività fisica, siamo passati a società industrializzate e più ricche, in cui il
lavoro fisico e' andato man mano riducendosi e, contemporaneamente, non vi e'
stato neanche un aumento dell'attività fisica nel tempo libero.
In questo contesto, sono le attività sedentarie a diventare
dominanti e questo ha effetti negativi
sulla salute. (11-64)
Il mantenimento di una vita fisicamente attiva anche in tarda
età, e' importante sia per ridurre e ritardare l'atrofia delle masse muscolari
ed ossee, che per aumentare i fabbisogni energetici, e di conseguenza
permettere anche una dieta più ricca.
In tal modo si creano le giuste condizioni per soddisfare i
fabbisogni di vitamine e minerali.
Uno stile di vita fisicamente attivo e' risultato utile anche
per abbassare, in modo apprezzabile, la pressione arteriosa.
Per stile di vita fisicamente attivo si deve intendere
innanzitutto, un tipo di comportamento che dia la preferenza, nell'espletamento
delle attività quotidiane, all'uso dei propri muscoli piuttosto che all'uso di
macchine; ad esempio, ogni qual volta e' possibile, camminare invece di usare
l'auto, salire e scendere le scale piuttosto che servirsi dell'ascensore e
cosi' via.
A completamento di tutto ciò, un adulto sano può aggiungere, tre
o quattro volte la settimana, un'attività fisica di almeno venti minuti, di
intensità sufficiente a provocare una evidente sudorazione. (29-6)
* * * * * * * * * *
CONCLUSIONI
Nel dicembre '92 si e' svolta a Roma una conferenza
internazionale patrocinata dalla FAO/OMS, su Alimentazione e Nutrizione con lo
scopo di mettere a punto politiche nutrizionali e programmi di intervento
nell'ottica della sorveglianza nutrizionale e della prevenzione per la salute
pubblica.
Da questa conferenza sono emersi obiettivi specifici che tutti i
Paesi intendono perseguire, per raggiungere l'obiettivo generale prescelto
dall'OMS:
LA SALUTE PER TUTTI NELL'ANNO 2000
1. MALATTIA ISCHEMICA DEL MIOCARDIO
obiettivo:
* ridurre i valori di colesterolo a
meno di 200 mg/dl entro il 2000;
* ridurre la mortalità per malattia
ischemica del miocardio a 25 per 100.000 abitanti entro il 2000 e a 20 per
100.000 abitanti entro il 2010.
2. MALATTIE CEREBROVASCOLARI
obiettivo:
* ridurre la mortalità prematura
cerebrovascolare a 13 per 100.000 abitanti entro il 2000 e a 10 per 100.000
entro il 2010.
3. OBESITÀ'
obiettivo:
* ridurre la prevalenza dell'obesità
adulta ed infantile rispettivamente al 25% e al 10% entro il 2000 e a meno del
20% e meno del 10% entro il 2010.
4. DIABETE
obiettivo:
* ridurre la prevalenza del diabete
non insulino dipendente a meno del 2% nel 2000.
5. TUMORI
obiettivo:
* ridurre l'incidenza dei tumori
legati al rischio dietetico del 15% entro il 2000 e del 30% entro il 2010.
6. CIRROSI EPATICA ALCOLICA
obiettivo:
* ridurre la mortalità da cirrosi
epatica del 15% entro il 2000 e del 30% entro il 2010.
7. GOZZO
obiettivo:
* eliminare i disordini da carenza di
iodio entro l'anno 2000.
8. BASSI PESI ALLA NASCITA
obiettivo:
* mediante interventi dietetici sulla
gestante, ridurre i bassi pesi alla nascita al 5% entro il 2000.
9. OSTEOPOROSI SENILE
obiettivo:
* intervenire sui fattori di rischio
dietetico dell'osteoporosi per ridurre del 30% le fratture non traumatiche
dell'anziano entro il 2000.(7-88)